Esercizi, immagini, equazioni di secondo grado
Franco Ghione
Piet Mondrian, L’albero rosso, 1909
In questa scheda prendiamo in esame un problema proposto da al-Khwārizmī (IX sec.) nel sul
Kitāb al-jabr wa al-muqālbala
1
opera che fonda l’algebra moderna e la teoria delle equazioni.
Si tratta di un problema espresso in termini estremamente concreti, riducibile ad una equazione
di secondo grado. In generale i problemi che vengono utilizzati per illustrare la teoria delle
equazioni di secondo grado sono di natura aritmetica (trova un numero tale che...) o di natura
geometrica, questo invece riguarda una questione concreta che, nelle sue varie forme, si riduce,
come vedremo, a equazioni di diverse tipologie. Si tratta di un problema originario ripreso da
Leonardo Pisano , da Luca Pacioli e che si ritrova in tutta la nostra tradizione didattica
medioevale e rinascimentale sul quale si sono cimentati i nostri giovani studenti antenati e che
sarebbe bene fosse trattato anche oggi nelle scuole come si trattano le avventure di Annibale e
Giulio Cesare.
Ecco il problema nella forma proposta da al-Khwārizmī:
Problema 28 Se si dice: dividi un dirham tra alcuni uomini, allora a loro spetta qualcosa;
aggiungi loro un uomo e dividi poi tra loro lo stesso dirham; a loro spetta un sesto di dirham
di meno della prima divisione.
Chiamando “una cosa” il numero dei primi uomini,
al-Khwārizmī fornisce una regola per
ridurre questo problema una equazione polinomiale di secondo grado:
1L. Catastini, F. Ghione, R. Rashed, Algebra. Origini e sviluppi tra mondo arabo e mondo latino, Carocci, 2016
1
Moltiplica il numero dei primi uomini, che è una cosa, per la differenza tra le loro parti [cioè
per 1/6] ; moltiplica poi ciò che ottieni per il numero degli altri uomini; dividi quello che
ottieni per la differenza tra il numero dei primi uomini e quello degli altri [cioè 1]; si ha allora
il bene che hai diviso
In termini più moderni, se chiamiamo con x la cosa, cioè l’incognita, la regola di al-Khwārizmī
fornisce l’equazione polinomiale
1
6
x x 1
1
1
che diventa con semplici trasformazioni x
2
+x=6. Questa equazione viene risolta con gli
algoritmi esposti all’inizio del trattato e si trova la soluzione x=2.
Abū Kāmil
2
(ca. 820 - 912) , allievo e continuatore di al-Khwārizmī, proseguendo le ricerche
algebriche del suo maestro, riprende questo problema e lo sviluppa in vari casi.
<10> Se ti si dice: tu hai diviso 50 dirham tra alcuni uomini e ognuno di loro ha ottenuto
qualcosa. In seguito tu hai aggiunto tre uomini, poi hai diviso tra loro gli stessi 50 dirham,
allora ciascuno di loro ha ottenuto tre dirham e un mezzo e un quarto di dirham in meno di
quello che avevano ottenuto i primi.
Possiamo ancora applicare la regola di al-Khwārizmī e chiamare una cosa il numero dei primi
uomini scrivere, indicando la cosa con x,
3
1
2
1
4
xx 3
3
50
Abū Kāmil, più preciso e completo del suo maestro, spiega con una figura e una semplice
dimostrazione geometrica quale sia la “causa” di questa regola. Poi tratta diversi casi che
generalizzano questa situazione e, usando una particolare costruzione geometrica riduce il
problema a una equazione di secondo grado che poi risolve con i metodi algebrici di al-
Khwārizmī.
Vediamo ora, nei dettagli, come Leonardo Pisano detto Fibonacci, nel libro XV del suo Liber
Abaci riprende questa tradizione e la propone al mondo latino con la consueta attenzione
didattica e rigore scientifico.
(XV.3.24) Divisi 60 [denari] con degli uomini, e a ciascuno ne venne qualcosa; e, ad essi,
aggiunsi due uomini e divisi ancora 60 per tutti loro e ne venne a ciascuno 1/2 2 denari in meno
di ciò che ne era venuto prima.
2R. Rashed, Abu Kamil. Algèbre et analyse diophantienne, Scientia Graeco-Arabica, 2012
2
Si chiede quanti erano i primi uomini.
Il problema viene prima di tutto descritto con una figura
geometrica senza introdurre la cosa,: ab è il numero di
uomini iniziali (che non conosciamo ma che possiamo
rappresentare con un generico segmento) e ad ( e anche
bg) è quanto è spettato a ognuno di loro dividendo 60 in
parti uguali. Ne segue che il rettangolo ag = ab × ad ha
area 60. Osserviamo che l’unità di misura sulle rette
orizzontali ab, dg rappresenta 1 uomo, mentre l’unità di
superficie è 1 denaro e l’unità sulle rette verticali è 1
denaro/uomo. Aggiungiamo ora 2 uomini, che
rappresentiamo con il segmento be consecutiva ad ab e
togliamo 2 1/2 denari/uomo alla retta bg, come in figura.
Poiché la somma divisa è sempre di 60 denari, l’area ah è
ancora uguale a 60 denari. A fianco l’immagine descrive
il problema.
Un semplice ragionamento geometrico ci dice che le aree ig e bh sono uguali poiché ad area
uguali (ag e ah) abbiamo tolto aree uguali (af e af) . Dunque
if ×(2 1/2)= bf × 2
ma essendo if = ab, dividendo per 2 i due membri, abbiamo
bf
5
4
ab
(denari/uomo)
e quindi aggiungendo fg = 2 1/2 (denari/uomo)
bg
5
4
ab 2
1
2
(denari/uomo)
Moltiplicando bg con ab (cioè denari/uomo con uomini) ritroviamo denari ag che sappiamo
essere 60. In definitiva troviamo essenzialmente la regola di al-Khwārizmī
ab
5
4
ab 2
1
2
60
Per proseguire ora abbiamo bisogno di cambiare linguaggio, di fare un salto di astrazione che
consiste nel pensare ab come un numero (se pure ignoto) astratto ma concreto, una cosa e
pensare la relazione precedente come una relazione tra numeri sulla quale possiamo operare,
pur essendoci un numero incognito, con le regole dell’aritmetica. Prosegue Leonardo Pisano:
Poni quindi la cosa come il numero .a.b.
Indicandola col simbolo x , la relazione precedente si scrive e si pensa come una relazione tra
numeri interi, rotti o misti uno dei quali, la cosa, è ignoto
3
x
5
4
x 2
1
2
60
applicando la proprietà distributiva e commutativa abbiamo
5
4
x x 2 60
che non è altro che la “regola” di al-Khwārizmī. Se moltiplichiamo due numeri uguali per uno
stesso numero l’uguaglianza si mantiene: riduciamo allora a 1 il coefficiente di x
2
dividendo per
4/5. Risulta
x
2
2 x 48
L’Algebra (che consiste nel modificare le uguaglianze tra monomi o polinomi attraverso
aggiungere o togliere, moltiplicare o dividere cose uguali con cose uguali) ci ha permesso di
ridurre il problema iniziale a una equazione canonica che sappiamo risolvere con un algoritmo.
Nel linguaggio antico il termine x
2
, che al-Khwārizmī chiama māl con il significato di
quadrato dell’incognita (termine diverso da murabba che indica in arabo il quadrato come
figura geometrica), viene chiamato da Leonardo Pisano e poi dai suoi successori in tutto il
rinascimento con il termine censo, mentre il termine di primo grado che è la radice x
2
, cioè del
censo, viene chiamato radice e l’equazione è dunque descritta dicendo:
Il censo e 2 sue radici sono uguali a 48.
Nel suo Kitāb, come vedremo, al-Khwārizmī dimostra che le possibili equazioni canoniche che
coinvolgono numeri, x e x
2
con coefficienti positivi sono solo 6 e per ognuna di queste trova e
dimostra uno specifico algoritmo risolutore. Nel nostro caso l’algoritmo risolutore ci dice:
Somma il quadrato della metà delle radici, cioè 1, a 48; si otterrà 49, sottrai la metà
delle radici dalla radice di questo: resterà 6 come numero .a.b.
ovvero
x
1 48 1
Fibonacci non applica quasi mai direttamente l’algoritmo di al-Khwārizmī ma, a differenza di
quello che fa in questo caso, risolve l’equazione geometricamente usando una opportuna
proposizione degli Elementi di Euclide. Ecco come: fissiamo intanto una unità di misura per i
segmenti e, pur essendo la cosa una quantità ignota, materializziamola con un segmento
generico, e sommiamo il censo cioè il suo quadrato con il rettangolo di area 2x. La figura
ottenuta è un rettangolo di lati x e 2+x
4
la cui area misura 48 unità. La proposizione II.6 degli Elementi ci dice che se aggiungiamo per
dritto a un segmento AB un segmento BC e dividiamo in due pareti uguali il segmento AB nel
punto M
allora la figura a T” data dalla somma del rettangolo di lati AC e BC col quadrato di lato MB è
equivalente al quadrato di lato MC.
AC×BC + MB
2
= MC
2
.
L’equivalenza delle due figure è evidente anche solo osservando con cura il disegno.
Nel nostro caso AB=2, BC = x è la parte aggiunta per dritto e AM=MB=1.
La proposizione II.6 di Euclide ci dice che l’area della figura aT è equivalente al quadrato a
destra, cioè:
48 +1 = (1+x)
2
e, indefinitiva, passando alle radici,
x 1
48 1
e quindi x = 6. Questo valore risolve la
nostra equazione dato che 6
2
+ 2×6 =48 e anche il nostro problema poiché, se il numero dei
primi uomini tra i quali si dividono i 60 denari è 6, ognuno di loro riceve 60/6 = 10 denari;
aggiungendo 2 uomini a ognuno spetta 60/8 = 7 1/2 e questo è 2 denari e mezzo in meno dei
10 denari che hanno avuto i 6 uomini iniziali, proprio come richiesto dal problema.
5
Variazioni sullo stesso tema
Piet Mondrian, L’albero grigio, 1912
Come è frequente in Leonardo Pisano il problema viene via via variato indirizzando la ricerca
verso situazioni sempre più generali e, in ogni situazione viene trovata una figura geometrica,
una immagine visiva, che possa descrivere isomorficamente il problema proposto. Nell’esempio
che segue Fibonacci propone due figure per arrivare a una equazione polinomiale e vale la pena
di vederle entrambe per capire come tradurre in figura un problema strettamente algebrico e
come l’uso di questa possa collegare pensiero visivo e pensiero analitico in modo produttivo.
(XV.3.26) Ancora: divisi 20 per gli uomini e ne venne qualcosa; e aggiunsi tre uomini e divisi
per 30 tra tutti, e ne venne 4 meno quello che era venuto prima.
Costruiamo la figura:
ab è il numero di uomini iniziali (che non conosciamo ma che
possiamo rappresentare con un segmento) e ad ( e anche bg) è
quanto è spettato a ognuno di loro dividendo 20 in parti uguali. Ne
segue che il rettangolo ag ha area ab × ad uguale a 20. Le unità
di misura sono come nel caso precedente. Aggiungiamo i 3
uomini be e sia id = 4 denari/uomo che spettano di meno a tutti gli
uomini. Il rettangolo ah ha dunque area 30 denari maggiore di 10
denari dell’area ag. Aggiungiamo allora un nuovo rettangolo kd di
area 10. Poiché id è 4 la base ki di questo rettangolo deve essere
10/4=2 1/2. Aggiungiamo ora a questo rettangolo il rettangolo zi
come in figura. In questo modo i rettangoli zg e zh hanno la stessa
area uguale a 30 e ci siamo ridotti al caso precedente.
6
Levando ai due rettangoli equivalenti il rettangolo comune zf risultano equivalenti i rettangoli
kg e fe e dunque fg × kf = be × eh , cioè 4 (if + 5/2) = 3bf quindi bf = (4/3) ( if +5/2), ma
if = ab e in definitiva
bf
4
3
ab
5
2
e
bg
4
3
ab
5
2
4
Ma sappiamo che l’area del rettangolo ag = ab × bg è 20 così, denotando con x il numero ab
di uomini, troviamo l’equazione:
x
4
3
ab
5
2
4
20
L’altro modo, più veloce per trovare questa equazione non usa l’idea di aggiungere la superficie
kd di area 10 per ridursi al caso precedente, ma osserva che la superficie del rettangolo ig è
uguale ad ab × fg =4ab, aggiungendo a questo la superficie ah che è 30 e togliendo la
superficie ag che è 20 troviamo la superficie bh che è uguale a 3 bf: cioè 4ab+10 = 3 bf da
questo, dividendo per 3 ricaviamo per bf lo stesso valore precedente.
La regola di al-Khwārizmī ora cambia dato che i denari da dividere sono prima 30 e poi 10, e il
problema è diventato più generale essendo diversi i denari da dividere nei due casi.
Eseguendo i calcoli l’equazione si riduce alla forma canonica
x
2
11
2
x 15
che è dello stesso tipo precedente: censo più radici uguale a numero. Ricordando la regola
risolutiva e sviluppando con cura i calcoli, si trova
x
11
4
2
15
11
4
121 240
16
11
4
19
4
11
4
2
Gli uomini iniziali sono dunque 2 e hanno ciascuno 10 denari, successivamente diventano 5 e
hanno ciascuno 6 denari cioè 4 in più dei precedenti, come si deve!
Una ulteriore variante
(XV.3.28) Ancora: divisi 20 per gli uomini e ne venne qualcosa a ciascuno, e aggiunsi due
uomini e divisi 60 fra tutti, e ciascuno ebbe 5 denari in più di quello che aveva preso prima.
7
Ecco la nuova figura: l’area del rettangolo ac è 20, quella del rettangolo af è 60
ragionando come prima, chiamando con x il numero ab degli uomini iniziali si trova una
equazione di natura differente:
x
2
8 6 x
La geometria (dove le grandezze sono tutte misurate da numeri positivi) di questa equazione è
nuova. Intanto x deve essere minore di 6 (le grandezze geometriche sono tutte misurate da
numeri positivi) e la figura di questa equazione diventa
dove l’area del rettangolo grande di lati 6 e x è 6x e quella del rettangolo piccolo è 8 unità
d’area. In questo caso un’altra proposizione degli Elementi di Euclide la proposizione II.5
permette di risolvere l’equazione. Questa proposizione afferma che
se un segmento AC e diviso in due parti uguali nel punto M e in due parti diseguali nel punto B
allora
AB×BC + MB
2
= MC
2
L’uguaglianza delle due figure è evidente anche solo osservando il disegno. Nel nostro caso
AC =6, BC = x e AB = 6 − x. Dunque AM = MC = 3 e MB = 3 − x
8
8 + (3 − x)
2
= 3
2
e, in definitiva, passando alle radici,
3x
3
2
8
e quindi x = 2. La soluzione x=2 risolve
il nostro problema dato che essi riceverebbero 20/2 denari ciascuno mentre aggiungendo altri
2 uomini questi 4 avrebbero 60/4 denari, 5 in più di quelli che hanno avuto i primi uomini.
La differenza tra questo caso e il precedente è che ora la figura non è univocamente determinata
dato che, non è possibile sapere a priori se x < 3 , come abbiamo sottointeso disegnando la
figura precedente, se questo non avviene x = BC > MC = 3 e la figura diventa
L’enunciato della proposizione II.5 non cambia ma ora MB = CB − MC = x − 3 e
8 + (x − 3)
2
= 3
2
da cui
x 3
3
2
8 4
. La cosa interessante che le due soluzioni sono entrambi
possibili dato che se i primi uomini sono 4 ognuno riceve 20/4 = 5 denari, aggiungendo 2
uomini ognuno di questi riceve 60/6 =10 denari cioè 5 in più dei precedenti, come si deve!
Fibonacci con grande modernità dice semplicemente
Perciò dal quadrato della metà delle radici, cioè da 9, sottrai 8: resterà 1, la cui radice, cioè 1,
sottrai da 3, cioè dalla metà delle radici, o sommala a 3, e avrai come numero dei primi uomini
2 o 4.
I dati del problema non permettono di trovare la soluzione perché abbiamo due possibili
risposte che verificano le condizioni poste:
x 3
3
2
8
. Per trovare la soluzione si
dovrebbe sapere qualcosa in più sul numero degli uomini iniziali, ad esempio sapere se essi
sono più di 2. In questo caso potremmo affermare con certezza che il numero di uomini è 4.
Leonardo Pisano quando presenta questa imbarazzante situazione nello studio generale
dell’equazione censi più numero uguale a radici (XV.3.11) commenta semplicemente:
Non potendo risolvere il problema con la sottrazione, si risolverà senza dubbio con
l’addizione.
9
Le tre equazioni fondanti
Piet Mondrian, L’albero di mele in fiore, 1912
Il disegno iniziale diventa sempre più astratto e universale, si arricchisce di nuove potenzialità.
Leonardo Pisano ci propone ulteriori problemi che riproponiamo come esercizio e che ci
avvicinano a un caso più generale.
(XV.3.29) Ancora: divisi 60 per gli uomini e a ciascuno ne venne qualcosa. E aggiunsi tre
uomini e divisi 20 tra tutti e ciascuno ebbe 26 in meno di quello che aveva preso prima.
(XV.3.30) Ancora divisi 10 per gli uomini, e a ciascuno ne venne qualcosa, e aggiunsi 6
uomini e divisi 40 per tutti, e a ciascuno ne venne quello che aveva avuto prima.
Lo studio di queste possibili generalizzazioni porta a un progressivo aumento generalità dove il
numero di uomini e i denari da dividere diventano solo esempi particolari di un unico problema
“universale” che come tale può essere utile per risolvere problemi concreti di natura
diversissimi tra loro. Se A, B, a, b sono numeri noti e x e y numeri incogniti il sistema di
equazioni
riassume tutti i casi trattati ed è proprio a questa economia di pensiero a cui la matematica
tende, che permette di cogliere con un unico atto infiniti casi concreti. Un esempio è il
successivo problema proposto da Leonardo
x yA
a
x
b
y
B
10
(XV.3.32) Comprai non so quante cose con 36 denari, e il prezzo di ciascuna di esse fu lo
stesso, e con altri 36 denari comprai cose più costose e il prezzo di ciascuna delle più care fu
di tre denari in più del prezzo delle altre, e fra tutte le cose furono 10.
Andando alla ricerca della comune natura di questi problemi e di tutti quelli (sono poco meno di
100) che Leonardo propone nell’ultima parte del Liber, troviamo che tutti si riducono, in ultima
analisi, a tre possibili casi: le tre equazioni di secondo grado a coefficienti positivi canoniche
studiate da al-Khwārizmī. Ognuna di queste equazioni ha una sua identità: un nome, un
algoritmo risolutivo e una propria dimostrazione geometrica. Esse appaiono che nel mondo
latino con queste parole.
x
2
+ ax=b censi più radici uguale a numero;
x
2
= ax+b censi uguali a radici e numero;
x
2
+ b = ax censi più numero uguale a radici.
Queste equazioni vengono risolte da Leonardo servendosi delle proposizioni 5 e 6 del secondo
libro degli Elementi di Euclide, mentre al-Khwārizmī descrive a parole un algoritmo risolutore
e lo dimostra servendosi di sue figure geometriche senza riferirsi direttamente a Euclide.
Ecco come procede Leonardo nei tre casi.
Censi più radici uguale a numero (x
2
+ ax = b)
La figura di questa equazione è formata da un quadrato (x
2
) unito - con questa parola e altre
simili Leonardo denota la somma- a un rettangolo (ax) che ha un lato uguale al lato del
quadrato. L’area della figura complessiva è il numero noto b.
Si divide a metà il segmento di lunghezza a e si applica la proposizione II.6 degli Elementi di
Euclide che ci dice che l’area a forma di “T” a sinistra è uguale all’area del quadrato si destra:
b
a
2
2
a
2
x
2
da cui, estraendo le radici,
x
b
a
2
2
a
2
11
L’algoritmo che deriva da questa formula ci dice le operazioni da fare sui dati per ottenere la
soluzione:
calcola il quadrato della metà delle radici
a
2
2
;
somma a questo il numero
a
2
2
b
;
fai la radice di quanto ottenuto
a
2
2
b
;
sottrai da questa la metà delle radici
a
2
2
b
a
2
.
L’algoritmo va imparato a memoria e usato ogni volta che si voglia risolvere questa equazione.
Censi uguali a radici e numero (x
2
= ax+b)
In questo caso, essendo i numeri in gioco tutti positivi, ed essendo x
2
> ax sarà x >a e la
figura di questa equazione è ottenuta levando ad quadrato ( x
2
) il rettangolo (ax ) che ha un lato
uguale al lato del quadrato. L’area della figura residua è il numero noto b.
Dunque AC=x e AB=a e
Dividiamo a in due parti uguali e applichiamo al segmento a prolungato con x-a la stessa
proposizione II.6 che ci dice che l’area a forma di “7 a sinistra è uguale all’area del quadrato si
destra:
12
b
a
2
2
a
2
x a
2
da cui, estraendo le radici,
x
a
2
a
2
2
b
L’algoritmo che deriva da questa formula ci dice le operazioni da fare sui dati per ottenere la
soluzione:
calcola il quadrato della metà delle radici
a
2
2
;
somma a questo il numero
a
2
2
b
;
fai la radice di quanto ottenuto
a
2
2
b
;
aggiungi a questa la metà delle radici
a
2
2
b
a
2
.
Censi più numero uguale a radici ( x
2
+ b = ax)
Poiché ora è ax > x
2
, la figura dell’equazione è ora ottenuta levando al rettangolo (ax) il
quadrato (x
2
) che ha il lato uguale a un lato del rettangolo. L’area della figura residua è il
numero noto b. In questo caso dividiamo il segmento a in due parti uguali e applichiamo la
proposizione II.5 degli Elementi di Euclide
Essa ci dice che, se
x
a
2
come nella figura allora la figura a forma di 7 a sinistra è
equivalente al quadrato di lato
a
2
a destra. La cosa è impossibile se
b
a
2
2
. In questa
circostanza l’equazione è impossibile. Ecco cosa dice perentorio Leonardo
E quando occorre che il censo e il numero siano uguali alle radici, sappi che ciò non
può avvenire se il numero non è uguale o minore al quadrato della metà delle radici; se
questo sarà uguale, si avrà come radice del censo il numero della metà delle radici.
13
b
a
2
x
2
a
2
2
da cui, estraendo le radici,
x
a
2
a
2
2
b
.
Se però
x
a
2
e, a priori, non sappiamo quale sia la circostanza, la figura resta la stessa il
teorema II.5 di Euclide si applica ugualmente, ma i valori delle lunghezze dei segmenti in
gioco cambia
b
x
a
2
2
a
2
2
da cui, estraendo le radici,
x
a
2
a
2
2
b
e troviamo 2 soluzioni quella col più e quella col meno.
L’algoritmo diventa ora:
calcola il quadrato della metà delle radici
a
2
2
;
togli a questo il numero
a
2
2
b
;
14
fai la radice di quanto ottenuto
a
2
2
b
;
aggiungi o togli questa quantità alla metà delle radici
a
2
a
2
2
b
.
Questa nuova teoria, che oggi chiamiamo Algebra, costruita da al-Khwārizmī nel IX secolo
dell’era cristiana, si fonda essenzialmente sugli Elementi di Euclide e sulle “nozioni comuni”
espresse come premessa a tutta l’opera euclidea e per questo non manca di rigore. Le 3
equazioni trattate sono le sole possibili a coefficienti positivi che coinvolgono numeri, radici e
censi e tra queste troviamo, come abbiamo visto concretamente nel problema della divisione tra
due diversi gruppi di uomini, una situazione che ci sorprende non poco: vi sono equazioni che
hanno due soluzioni! La cosa diventa paradossale quando identifichiamo un problema concreto
con la sua equazione: se il problema esprime un fatto reale la soluzione dovrà essere unica
mentre non è così per l’equazione che lo modellizza. In questo caso i dati del problema non
sono stati sufficienti per determinare la soluzione e il modello che ne abbiamo fatto (cioè
l’equazione matematica che lo descrive) ci dice che vi sono più possibilità coerenti con i dati
concreti di cui abbiamo tenuto conto nello scrivere l’equazione, ci dice cioè che la realtà è più
complessa dell’equazione con la quale l’abbiamo descritta..
La potenza del pensiero astratto
Piet Mondrian, Composizione, 1939
Il campo numerico, che per greci comprendeva solo i numeri interi positivi, con Leonardo
Pisano, sulla scia delle ricerche indiane ed arabe, si amplia drasticamente con l’introduzione di
15
nuovi numeri, i numeri rotti che combinati con gli interi danno luogo a un nuovo insieme
numerico formato dai numeri misti dati dalla somma di un intero e un rotto. Questo campo
numerico si amplia ulteriormente con l’introduzione dei numeri negativi i quali sono vincolati
dal rispettare le stesse regole formali con le quali si opera con i numeri positivi
indipendentemente dal significato
che essi possono assumere. Al-Khwārizmī, nel capitolo del
suo Kitab dedicato alle moltiplicazioni, ricava le “regole dei segni” a partire dalle proprietà
distributiva e commutativa applicate a semplici operazioni numeriche che si vuole valgano non
solo per i particolari numeri presi in esame ma per tutti i numeri anche quelli come la “cosa” e
una radice “sorda” come ad esempio
2
che sono indicati a parole o con un simbolo. Ad
esempio, poiché 120 = (10+2) × 10, distribuendo
120 = (10+2) × 10 = 10×10 + 2×10
quindi il prodotto di una quantità additiva (cioè che si aggiunge) per una quantità additiva è una
quantità additiva
più per più è additivo
ugualmente 90=(10 -1)×10, distribuendo
(10 -1) × 10 = 100 + (-1)×10
e dunque il prodotto di una quantità sottrattiva (cioè che si toglie) per una quantità additiva è
una quantità sottrattiva
più per meno è sottrattivo
e commutando
meno per più è sottrattivo
Osservando infine che 9×9 = (10-1)(10-1) = 81 distribuendo
81 = 9×9 = (10-1)(10-1) = 100 + (-1)×10 + (-1)×10
+ (-1)×(-1) = 80 + 1
e abbiamo che (-1)×(-1) =1 e dice al-Khwārizmī uno sottratto per uno sottratto è uno
additivo”, cioè
meno per meno è additivo.
Questa ultima proprietà meno intuitiva delle altre e, per certi versi inattesa, ha delle
conseguenze altrettanto inattese e di grande importanza. La principale di queste è che
a×a = a
2
> 0
per ogni numero intero, rotto, misto, sordo, positivo o negativo che sia. Da questo fatto
derivano due conseguenze molto rilevanti e nuove nella teoria delle equazioni di secondo grado.
I. se a è negativo l’equazione x
2
= a non ha soluzioni nell’insieme dei numeri interi,
rotti, misti, sordi, positivi o negativi
II. se a è positivo l’equazione x
2
= a ha due soluzioni: radice di a additiva e radice di a
sottrattiva, cioè
a
.
16
Usando ora i numeri positivi e negativi possiamo unificare i tre casi di al-Khwārizmī in uno
solo
x
2
+ ax + b = 0
il caso censi uguali a radici e numeri corrisponde ad a < 0 e b < 0, il caso censi più numeri
uguale a radici corrisponde al caso, a < 0 e b > 0, infine il caso censi e radici uguale a numeri
corrisponde ad a > 0 e b < 0. Se cerchiamo soluzioni solo positive, come è il caso considerato
da al-Khwārizmī non può essere a > 0 e b > 0 perché in questo caso, x
2
+ ax + b > 0, ma se
accettiamo anche soluzioni negative si presenta un ulteriore inaspettato caso. Ma la cosa più
interessante è che abbiamo un unico algoritmo e una unica dimostrazione, cosa che non
riuscivamo a fare usando solo argomenti geometrici. Per trovarla basterà rivedere con altri
occhi e con la nuova teoria numerica, il nostro argomento geometrico. Nel caso a > 0 (e anche x
> 0) interpretiamo, come abbiamo fatto, il fattore x
2
+ ax come l’area di un rettangolo di lati x
e x+a. L’idea geometrica è ora quella di aggiungere a questo rettangolo un quadrato di lato
a
2
formando una nuova figura “a T che possiamo rileggere algebricamente col nuovo
linguaggio:
x
2
ax
x
2
ax
a
2
2
con un semplice ragionamento geometrico ci accorgiamo che questa figura a “T” è uguale a un
quadrato
x
2
ax
a
2
2
x
a
2
2
Se b < 0 , a > 0 e x verifica l’equazione x
2
+ ax + b = 0, allora x
2
+ ax = -b e siamo nel caso
censi più radici uguale a numero e quindi
b
a
2
2
x
a
2
2
che, estraendo le radici quadrate, abbiamo l’algoritmo risolutivo.
17
L’operazione di aggiungere il termine
a
2
2
è molto importante e ha un nome tecnico che lo
descrive: completamento del quadrato . Il binomio x
2
+ ax diventa un quadrato se
aggiungiamo il termine che gli manca per esserlo, cioè il termine
a
2
2
. Questa operazione è
una trascrizione, con un altra modalità di pensiero, del passaggio dal rettangolo x
2
+ ax alla
figura a T e il riconoscimento che la figura a T è un quadrato perfetto equivale a “vedere
con gli occhi ” che
x
2
ax
a
2
2
è il quadrato di .
x
a
2
E’ evidente che questa operazione può essere fatta anche se a è negativo, ad esempio il
monomio x
2
- 3x diventa il quadrato di
x
3
2
2
aggiungendo 9/4.
Saper completare il quadrato con sicurezza è una abilità fondamentale dell’algebrista moderno
equivalente a quella di saper modificare una equazione con l’ al-jabr (aggiungere termini uguali
ai due membri) o con l’ al-muqābala (raggruppare termini simili). Questa operazione veniva in
un qualche modo inglobata da al-Khwārizmī e dai suoi successori nelle formule risolutive che,
una volta acquisite, andavano imparate a memoria come una litania. Questa tradizione è arrivata
anche ai nostri giorni e il completamento del quadrato o la equivalente proposizione euclidea
II.6 potevano essere, facendo affidamento sulla memoria, definitivamente ignorate. Ma la cosa
importante è che questo procedimento si può applicare in ogni caso sapendo che,
(A+B)
2
= (A+B) (A+B) = A
2
+2AB+B
2
formula questa che, derivando dalla proprietà distributiva e commutativa, continua a valere
qualunque sia la natura dei due numeri A e B. Tornando allora alla nostra equazione generale di
secondo grado,
x
2
ax b 0
senza nessuna ipotesi sulla natura dei suoi coefficienti a e b, completando il quadrato troviamo
x
2
ax
a
2
2
b
a
2
2
x
a
2
2
a
2
2
b
Ora se
Δ
a
2
2
b 0
, per la proprietà I, non esisterà nessun numero x intero, rotto, misto,
sordo, negativo o positivo che possa risolvere l’equazione dato Δ non può essere il quadrato di
nessun numero di quel tipo. Se invece Δ > 0 possiamo estrarre la radice quadrata e troviamo,
per la proprietà II due soluzioni, una col più e una col meno:
18
x
a
2
a
2
2
b
Questa formula fornisce un algoritmo sempre valido qualunque sia l’equazione di partenza e in
più ci dice che se Δ < 0 l’equazione non ha soluzione, come avviene tipicamente per
l’equazione
x
2
b 0 b0
mentre se Δ = 0 (ed è il solo caso) l’equazione si riduce a
x
a
2
2
0
e abbiamo la soluzione (doppia)
x
a
2
. Negli altri casi abbiamo sempre due soluzioni che
possono essere entrambe positive o entrambe negative (ed è questo il caso non preso in esame
dagli antichi), o una positiva e una negativa.
Di tutta la storia e della geometria di cui abbiamo parlato resta una piccola traccia in una
semplice idea algebrica: il completamento del quadrato. Se si è abili in questa operazione non
serve imparare a memoria a formula (anche se alla fine sarà più comodo conoscerla per
velocizzare la procedura) basterà rifare il calcolo consapevoli che, in quel calcolo, c’è una
traccia degli elementi di Euclide. Così come Leonardo, invece che usare meccanicamente la
litania di al-Khwārizmī, si riferisce molto spesso alla geometria dell’equazione, così l’algebrista
moderno sarebbe bene che, di tanto in tanto, anziché applicare a memoria la formula risolutiva,
faccia il completamento del quadrato. Ad esempio supponiamo di dover risolvere l’equazione
2x
2
-5x-6=0, dividiamo intanto per 2 per ridursi alla forma canonica inutile e dannoso
complicare la formula con l’aggiunta del coefficiente di x
2
che essendo supposta l’equazione di
II grado è comunque non nullo e quindi invertibile)
x
2
5
2
x 3 0
completiamo il quadrato
x
2
5
2
x
5
4
2
3
5
4
2
ovvero
x
5
4
2
3
5
4
2
estraiamo le radici
Le soluzioni sono
x
5
4
3
5
4
2
e abbiamo una soluzione positiva e una soluzione
negativa dato che
3
5
4
2
5
4
. Una discussione ulteriore, legata alla natura del problema
e alla sua modellizzazione tramite una equazione, permetterà di valutare quale (o quali)
soluzione risolva la questione.
19
L’estensione del campo numerico ai numeri razionali positivi e negativi permette di unificare i
tre casi in un unico caso con un unico algoritmo risolutore dimostrato con semplici metodi
algebrici che si può facilmente imparare a memoria. Si deve essere consapevoli che l’enorme
vantaggio teorico che questo nuovo quadro comporta si realizza attraverso un salto cognitivo
necessario ma tutt’altro che immediato: esso riduce drasticamente l’aspetto concreto e intuitivo
dell’equazione che consiste nel paragonare due grandezze concrete. L’equazione x
2
+ ax + b =
0 non ha senso concreto perché la nostra idea intuitiva di numero è saldamente ancorata al
risultato di un misura: un conteggio, la lunghezza di un segmento, un certo ammontare di
denari, il peso di un oggetto e facciamo fatica a immaginare una somma di tre numeri nulla. I
numeri negativi se pure interpretati come debito o meglio come opposti a numeri positivi
rispetto a una data soglia, finiscono per togliere concretezza al concetto di numero spostando il
ragionare in un mondo astratto dominato da regole di calcolo formalmente coerenti ma che
rischiano di chiudere l’universo matematico in un impossibile e sterile recinto autoreferenziale.
Le operazioni algebriche al-jabr e al-muqābala ci portano a immaginare operazioni elementari
che permettono di modificare la forma e il contenuto dei due membri dell’equazione, come due
pesi sui due piatti di una bilancia che cambiando forma non alterano l’equilibrio fino a ridursi a
pochi casi semplici risolti a monte. La trasposizione geometrica, che riesce innaturale e astratta
coi numeri negativi, da invece concretezza ai binomi che possiamo immaginare come, quadrati
e rettangoli il cui peso è proporzionale alla loro grandezza!
20