volgare nella Rettorica di Brunetto Latini (ca. 1260), nel Convivio di Dante e nel Sacchetti, ma,
sebbene corrente in età medievale, non trova riscontro nei testi latini antichi e tardoantichi.
Sul lessico matematico influì anche la tradizione araba, che rappresentò per il Medioevo l’unico
tramite per accostarsi alle opere di importanti autori greci, da Archimede ad Euclide, tradotte in
latino a partire da precedenti versioni arabe, e che fu di certo nota, direttamente o indirettamente,
anche a Leonardo. In ab. V.53 [V.22] leggiamo: Numerorum quidam sunt incompositi, et sunt illi
qui in arismetrica et in geometria primi appellantur, ideo quia a nullis numeris minoribus
existentibus ipsis preter quam ab unitate metiuntur vel numerantur. Arabes ipsos hasam appellant,
Greci coris canonos, nos autem sine regulis eos appellamus. La notizia che i Greci dicessero i
numeri primi coris canonos, cioè χωρς κανόνος — chorìs kanònos, ovvero ‘senza misura di
riferimento’, sarà giunta a Leonardo attraverso una fonte recenziore, forse la stessa che gli forniva
la denominazione araba hasam.
Possiamo ammettere che una certa conoscenza della tradizione araba rientrasse nel patrimonio
culturale di Leonardo, in giovane età chiamato in Algeria dal padre, inspecta utilitate et
commoditate futura, e colà formatosi allo studio dell’abaco (ab. I.7 [I.3]). Non è un caso che in ab.
II.9 [II.3] sia menzionata la tabula dealbata in qua littere leviter deleantur, vale a dire — come ha
chiarito lo storico della matematica Jens Høyrup — una specie di lavagna (lawha) che si usava nel
Maghreb, realizzata ricoprendo di argilla bianca una tavola di legno, su cui la scrittura poteva essere
facilmente cancellata aggiungendo ulteriore argilla. In ab. XII.265 [XII.3.73] compare la prima
delle 54 occorrenze del termine arabo elchataym (Cum vero primus petat secundo, secundus tertio,
et tertius primo, invenies modum solutionis in quarta parte huius capituli, etiam et in secunda parte
elchataym), spiegato all’inizio del capitolo XIII (1): Incipit capitulum tertium decimum de regula
elchataym, qualiter per ipsam fere omnes questiones abbaci solvuntur. Elchataym quidem arabice,
latine duarum falsarum positionum regula interpretatur, per quas fere omnium questionum solutio
invenitur. Dall’arabo derivano inoltre termini come algebra, almuchabala o cata (equivalente al
latino sector e usato nella locuzione figura cata: ab. IX.11 [IX.3.2] Est enim hec talis compositio
proportionum ea que ostenditur in figura cata, scilicet sectoris, per quam Tholomeus docuit in
Almagesti reperire remotiones circulorum a circulo recto et multa alia), come pure nomi di moneta
(massamutinus) e di unità di misura (carruba: i semi dell’albero del carrubo si usavano per pesare),
mentre karatus ha origine dal greco κεράτιον — keràtion, ma arriva in Occidente per il tramite
dell’arabo quirāt.
Numerosi sono i denominativi delle differenti unità di misura e di prezzo, alcune già in uso
presso i Romani (libra, uncia, pes, palmus, miliarium, passus, pes, modium, soldus, denarius
miliarensis — sebbene per indicare la moneta d’argento di tarda età imperiale si preferisse il neutro
miliarense), altre più recenti ma indicate con termini antichi (canna, rotulus) o riconducibili a
termini antichi (bizantius, dal primitivo nome di Costantinopoli Byzantium; tors(c)ellus diminutivo
di torsus, forma volgare di tortus, participio di torquere; cf. ant. fr. torcel), altre ancora del tutto
nuove (massamutinus, tarenus, sterlingus, marca, karatus, cantare, carruba, balla, petia, barilis
ecc.). Alcuni di questi sostantivi sono latinizzazione di parole tedesche (marca < marka), inglesi
(sterlingus < sterling), franche (balla < balle) o celtiche (pet(t)ia, ‘pezza’, da cui il sost. neutro
petium, ‘pezzo’), mentre l’etimo di barilis è incerto.
In molti casi le medesime unità di misura e di prezzo si usavano un po’ dovunque, ma il
rispettivo valore mutava di paese in paese. Occorreva dunque specificarne l’area geografica di
pertinenza con aggettivi come imperialis, pisaninus, ianuinus, turnensis, barcellonensis,
saracenatus vel yperperus ecc.: ab. VIII.11 [VIII.1.3] cantare … pisanum habet in se centum
partes, quarum unaqueque vocatur rotulus; et rotuli habent uncias 12, quarum unaqueque ponderat
denarios ½ 39 de cantare, et denarius est carrube 6, et carruba est grana quattuor frumenti; VIII.
250 [VIII.3.1] canna pisana est palmorum 10, vel brachiorum 4; canna autem Ianue, ut dicunt, est
palmorum 9. Canna utique Provincie et Sicilie et Surie et Constantinopolis sunt unius mensure,
scilicet palmorum 8; VIII.269 [manca] Canna Surie vel Constantinopolitane venditur pro bizantiis
saracenatis vel yperperis ¼ 2 et queratur quantum valeant palmi ½ 3; VIII.275 [VIII.3.16] Si